di Veronica Andorno

  • Laurea  magistrale in Filosofia Università di Torino
  • Studente II anno del  master triennale in counseling filosofico  di Torino (SSCF)
  • Insegna  storia, filosofia e italiano.

 

ANALISI

1. Marc Bloch sostiene che anche le fake news dovrebbero essere oggetto di studio da parte
dello storico, poiché queste permetterebbero di indagare i motivi profondi di alcuni eventi
storici. Mentre la storiografia tradizionale, infatti, ha relegato le notizie false in un angolo,
tacciandole come erronee e non occupandosene, Bloch pone l’accento sulla loro importanza
in virtù di una ricerca storica che approfondisca non solo i fatti, bensì anche le radici emotive
di questi, che sia in grado di gettare luce sulla mentalità che ha portato all’enuclearsi di
determinati eventi. Lo studio approfondito delle fake news, che «hanno riempito la vita
dell’umanità» è altrettanto importante dello studio puramente fattuale della storia, in quanto
esse possono fornirci chiavi di lettura importanti sull’assimilazione del significato di un evento
da parte dei testimoni indiretti, coevi o meno all’evento stesso.

2. La storiografia precedente a Bloch non ha riservato alle fake news un interesse adeguato
perché le ha considerate, semplicemente, come false, ovvero portatrici di errori che, in quanto
tali, non sono in grado di raccontare una verità. Risulta contradditorio, infatti, che da un
elemento falso possa discendere un elemento reale. La storia, però, non può essere letta
come una mera successione di eventi concatenati e perfettamente razionali, come la lesse
Hegel, ossia in maniera deterministica. È necessario tenere presente che superstizioni e
leggende non sono sempre state considerate come tali, anzi, sono state considerate “verità” e
in esse possiamo rintracciare informazioni importanti e imprescindibili per comprendere la
mentalità di un’epoca storica. Volendo apportare un esempio concreto si potrebbe chiamare
in causa la grande stagione dei roghi alle streghe. Ebbene, l’Inquisizione basava i suoi
processi su questioni dottrinali e superstizioni che oggi riconosciamo come false, ma senza
tenere presente che l’esistenza delle streghe fosse una verità fattuale per gli uomini
dell’epoca, non potremmo comprendere la portata e il significato del fenomeno, né capire il
perché della sua durata e delle sue variazioni nel corso del tempo. Pertanto, eliminare dallo
studio della storia l’analisi delle fake news risulta superficiale.

3. Secondo Bloch, l’esperimento di Liszt non è del tutto attendibile per studiare i meccanismi con
cui si diffondono le false notizie perché no tiene conto di almeno due fattori importanti, ossia
dei testimoni indiretti e del tempo, dell’espansione spaziale e temporale. Un laboratorio, infatti,
può ricreare artificialmente alcune condizioni, ma non può raggiungere quel grado di
complessità che riscontriamo nella vita. I testimoni indiretti non sono un sovrappiù, bensì sono
un elemento chiave che permette a una semplice testimonianza di diventare una vera e
propria leggenda consolidata; ancora, è necessario un lasso di tempo considerevole per
trasformare una diceria in una “verità” consolidata. Infine, un laboratorio non riesce a ricreare
quelle condizioni psicologiche imprescindibili senza le quali non si potrebbe spiegare perché
alcune superstizioni siano state determinanti per il corso della storia mentre altre no; non tutte
le fake news, infatti, hanno avuto la stessa importanza.

4. Bloch sostiene che le condizioni ideali per la propagazione di una fake news siano il numero
delle voci, la tempistica adeguata e, soprattutto, il «terreno di coltura fertile».
Affinché una diceria possa consolidarsi e ottenere un certo mandato di credibilità è indispensabile
un numero cospicuo di persone che ne sostengono la verità; non solo i testimoni diretti, dunque,
partecipano a questo fenomeno, bensì anche quelli indiretti, che contribuiscono a dare credibilità
a un’ipotesi. C’è una notevole differenza, infatti, tra un’ipotesi avvalorata da dieci voci e da una
sostenuta da cento persone diverse: la seconda risulterà immediatamente più credibile. Perché
più persone possano arrivare a sostenere la veridicità di un evento è indispensabile un certo lasso
di tempo nel quale la notizia passa di “bocca in bocca”, raggiungendo in tal modo un’espansione,
una «magnifica pienezza» che appaia ai più incontrovertibile, assodata.

 

COMMENTO

 

Ad oggi, quelle delle fake news è un problema quotidiano contro il quale si affaccendano
numerosi esporti, libri di testo, vademecum e guide per la corretta comprensione di ciò che si
legge o che “sente dire”. Che il fenomeno abbia raggiunto un’espansione probabilmente mai
registrata prima è esemplificato dal fatto che sono nati, in tempi recenti, siti dedicati alla smentita
di certe notizie, come butac.it, e addirittura un’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta
preposta alla sconfessione di alcune notizie. La commissione in questione è stata creata nella
primavera del 2020, in concomitanza all’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, nel momento in
cui la circolazione di notizie parziali o addirittura del tutto false, come quelle sulle responsabilità
dei Cinesi o degli animali domestici, hanno portato a episodi di violenza nei confronti di persone
di nazionalità asiatica, magari nate in Italia ma ritenute comunque responsabili dell’importazione
del Coronavirus, e di abbandono in massa di animali domestici, quali cani e gatti. Gli esempi citati
portano a riconoscere l’attualità delle considerazioni dello storico Marc Bloch sui meccanismi di
diffusione delle fake news: «l’errore si propaga, si amplia, vive infine a una sola condizione: trovare
nella società in cui si diffonde un terreno di coltura favorevole. In esso gli uomini esprimono
inconsapevolmente i propri pregiudizi, gli odi, le paure, tutte le proprie forti emozioni».
Precisamente, in situazioni di emergenza e, quindi, di stati d’animo collettivi di particolare
tensione le notizie false tendono ad assumere proporzioni gigantesche e catastrofiche. Per
avvalorare questa considerazione è utile richiamare alla mente il racconto del Manzoni sulla peste
del Seicento: la situazione di inusitata gravità aveva portato a ingigantire alcune superstizioni
riguardo ai presunti “untori”, i quali venivano barbaramente trucidati.
Rispetto all’epoca di Bloch, che visse nella prima metà del Novecento, oggi è riscontrabile
un’accelerazione delle tempistiche nella propagazione delle fake news che, allora, era
impensabile. Oggi come oggi, non è più necessario un lasso di tempo particolarmente lungo
perché la «cattiva percezione» diventi a tutti gli effetti una “verità”, in quanto essa può essere
velocemente diffusa a livello globale mediante la condivisione su Internet, che, oltretutto, è una
sorta di terreno neutro dove risulta veramente difficile la verifica sull’attendibilità di
un’informazione. È stupefacente notare come alcune leggende ritenute false oramai da tempo
immemore, come l’ipotesi della Terra piatta, siano tornate in auge proprio grazie alla presenza di
dimostrazioni del tutto antiscientifiche presenti nel Web. In altre parole, sembra che il Web, con i
suoi siti Internet e tutto l’apparato di social network, siano diventati quelli che fino alla prima metà
del Novecento erano più semplicemente «la pubblica voce», con la differenza che questi
strumenti tecnologico offrono un’inusitata accelerazione nei meccanismi di propagazione. Dietro
l’apparente ingenuità di coloro che sostengono con forza e contro ogni evidenza realtà di questo
genere si nasconde, però, un nemico importante: la tendenza a dare più credibilità a ipotesi non
avvalorate da nessun parere autorevole in materia rispetto a quelle sostenute da esperti della
questione. Questo fatto porta a evidenziare, sicuramente, una crisi importante della fiducia
generale nei confronti di tutto ciò che è ritenuto “in linea con il sistema”, ma anche una generale
mancanza di pensiero critico quanto meno pericolosa e dannosa, contro la quale sarebbe d’uopo
un intervento mirato, anche da parte delle scuole e degli organi educativi, a una riconsiderazione
del valore di patrimonio culturale atto, quanto meno, a fornire uno strumento valido contro
l’assorbimento passivo e acritico di qualsiasi notizia tendenziosa, la quale spesso nasconde una
portata di odio che rischia di degenerare, come citato sopra, in casi di pericolosa violenza
gratuita.